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Poesia di Cesare Betteloni
Inno ciclistico

Avanti, avanti! Rapidi,
precipitando a volo,
noi divonam  lo spazio
toccando appena il suolo,
ed irruente palpita,
gonfio d'ebbrezza, il cor
Oh, qual diletto, al pallido
spuntar dell'alba, in via
alacremente mettersi
 in lieta compagnia,
e correr correr correre
lo sconfinato pian!
E salir monti e scendere,
nel divin sole immersi;
cento ammirar spettacoli
di Natura diversi;
forza e letizia attingere
cercate altrove invan!
Si fan d'acciaio i muscoli,
 nell'esercizio ardito;
s'espande il sen, dall'aria
che l'urta, invigorito;
l'occhio ogni vario ostacolo
addestrasi a sfuggir.
 Avanti, avanti! Rapidi
precipitando a volo,
noi divoriam lo spazio,
toccando appena il suolo,
ed irruente palpita,
 gonfio d'ebbrezza, il cor.

Slancio giovanile ed ebbrezza di conquista animano colui che si abbandona ad una veloce corsa in bicicletta. Il poeta ne trae ispirazione per comporre un inno gioioso, sottolineando tutti i vantaggi fisici e morali, che provengono all'uomo dalla passione per il ciclismo.
Essa, infatti, porta come conseguenza le sane gite in comitiva, che soddisfano innanzi tutto il bisogno, naturale nei giovani, di una vita in allegra comunità con i coetanei. Nello stesso tempo, mentre lo sforzo di pedalare irrobustisce i muscoli e l'aria balsamica apporta nuovo vigore ai polmoni, lo spirito viene ritemprato e affinato dalla contemplazione delle suggestive bellezze naturali.
Il ritmo agile e serrato del verso sembra accordarsi allo scorrere delle ruote, in un rapido avvicendarsi di visioni e sensazioni.

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