Poesia di Domenico Marras
Ortografia e ortoepia
Quando ero scolaretto, con le doppie
(a cosa servano alcune, mi chiedo,
se non per dar dell'ignorante ai volghi,
a noi lavoratori della terra,
privati della scuola troppo presto,
al fine di procurare cibo anche
per chi d'ignoranza ci appella e taccia,
dato che pochissimi le scrivono
e che quasi nessuno le pronuncia,
tra lor compresi pure letterati)
me la cavavo di adesso ancor meno,
che, per fortuna, qualcuna l'azzecco,
specie se di parole ricorrenti:
piccolo, refetorio, elicotero,
affetto, soquadro, avenire... Ziti,
non parlare, non dire una parola,
se no pure a voi qualche doppia sfugge,
e verrete tacciati d'ignoranza,
come siam tacciati noi campagnoli.