Racconto di G. Stuparich
Cercar campagna
Lo scrittore, da ragazzo, viveva con la sua famiglia nella città di Trieste. Un 'estate la mamma lo condusse con sé a «cercar campagna».
Cercar campagna voleva dire cercare un posto di villeggiatura.
Le condizioni della nostra famiglia erano molto modeste e perciò la mamma non puntava verso le ville, ma verso le fattorie e le case dei contadini.
Fuori porta della Muda, sulla strada provinciale, c'era un'osteria da dove passavano i contadini che portavano ogni giorno frutta e ortaggi a Capodistria per imbarcarli sul piroscafo per Trieste.
Lì mia madre aveva dato appuntamento al signor Sabbadin.
Me lo vedo ancora davanti con la camicia traboccante dalla cintura, con gli occhi celesti nel volto rugoso.
E qua de fora el careto, siora, se la vol montar... lo ero felice, mia madre piuttosto preoccupata; ma si fece coraggio e così montammo sul carretto delle verdure e ci sedemmo su un'asse assai malferma.
Il signor Sabbadin volle mostrare la bravura del suo asinello e lo mise al galoppo.
Facile immaginare i sobbalzi, gli urti e gli scossoni di quel veicolo e gij, occhi spaventati di mia madre che s'aggrappava alle sponde del carro, mentre io ridevo e godevo di quella corsa sgangherata in mezzo alla verde campagna.
Ci fermammo davanti al cancello del podere del nostro bravo contadino.
Quale bellezza tra gelsi viti e alberi da frutto!
Un silenzio rotto ogni tanto dai gorgheggi degli uccelli.
La vera campagna! lo, che fino allora ero vissuto in città, guardavo stupito quel nuovo regno e tutto mi pareva immenso.
In fondo al viale, davanti a uno spiazzo circondato da alberi, la casa antica e spaziosa.
In un'ala di questa, in uno stanzone che odorava di fresco e di terra, avremmo soggiornato noi per la nostra villeggiatura.
Ero felice che mia madre avesse combinato la cosa senza troppa fatica col signor Sabbadin.