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Racconto di Italo Calvino
Corpo senza l'anima
Fiabe di magia
C'era una vedova con un figlio che si chiamava Giuanin. A tredici anni voleva andarsene per il mondo a far fortuna. Gli disse sua madre:
- Cosa vuoi andare a fare per il mondo? Non vedi che sei ancora piccolo?
Quando sarai capace di buttar giù quel pino che è dietro casa nostra con un colpo di piede, allora partirai.
Da quel giorno, tutte le mattine, appena alzato, Giuanin prendeva la rincorsa e saltava a piè pari contro il tronco del pino.
Il pino non si spostava e lui cadeva in terra lungo disteso. Si rialzava, si scrollava la terra di dosso, e si ritirava nel suo cantuccio.
Finalmente un bel mattino saltò contro l'albero con tutte le sue forze e l'albero s'inchinò, s'inchinò, le radici uscirono dalla terra e s'abbatté sradicato. Giuanin corse da sua madre, che venne a vedere, controllò ben bene, e disse: - Ora, figlio mio, tu puoi andare dove vuoi.
Giuanin la salutò e si mise in marcia.
Dopo giorni e giorni di cammino arrivò a una città. Il Re di quella città aveva un cavallo che si chiamava Rondello, che nessuno era capace
di cavalcare. Tutti quelli che ci provavano, nel primo momento pareva che ci riuscissero, poi li buttava tutti giù. Giuanin stette un po' lì a
vedere, e s'accorse che il cavallo si metteva paura della sua ombra. Allora s'offerse lui, di domare Rondello. Gli andò vicino nella stalla, lo chiamò, lo carezzò, poi tutt'a un tratto gli saltò in sella e lo portò fuori tenendogli il muso contro il sole. Il cavallo non vedeva l'ombra
e non si spaventava: Giuanin lo strinse coi ginocchi, tirò la briglia e partì al galoppo. Dopo un quarto d'ora era domato, ubbidiente come un agnellino; ma non si lasciava montare da nessun altro che da Giuanin.
Da quel giorno il Re prese Giuanin al suo servizio, e gli voleva tanto bene che gli altri servitori cominciarono a rodersi d'invidia.
E si misero a pensare come potevano sbarazzarsi di lui.
Bisogna sapere che quel Re aveva una figlia, e che questa figlia anni prima era stata rapita dal Mago Corpo-senza-l'anima e nessuno ne sapeva più niente. I servitori andarono a dire al Re che Giuanin s'era vantato pubblicamente d'andarla a liberare.
Il Re lo mandò a chiamare; Giuanin cascava dalle nuvole e gli disse che non ne sapeva niente. Ma il Re che al solo pensiero che si volesse scherzare su quell'argomento perdeva il lume degli occhi, gli disse: - O me la liberi, o ti faccio tagliare la testa!
Giuanin, visto che non c'era modo di fargli intendere ragione, si fece dare una spada arrugginita che tenevano appesa al muro, sellò
Rondello e partì. Traversando un bosco, vide un leone che gli fece segno di fermarsi.
- Giuanin, disse il leone, - vedi che siamo qui in quattro: io, un cane, un'aquila e una formica: abbiamo questo asino morto da spartirei: tu hai la spada, fai le parti e assegnane una a ciascuno!
Giuanin tagliò la testa dell'asino e la diede alla formica: - Tieni: questa ti servirà da tana e dentro troverai da mangiare finché vorrai.
Poi tagliò le zampe e le diede al cane: - Qui tu hai da rosicchiare finché vuoi! - Tagliò fuori le budella e le diede all'aquila. Tutto il resto
lo diede al leone che era il più grosso dei quattro e gli spettava.
Risalì a cavallo e stava già per ripartire quando si sentì chiamare.
« Ahi, - pensò, - non avrà fatto le parti giustel » Ma il leone gli disse: - Sei stato un buon giudice e ci hai servito bene. Cosa possiamo
darti in segno di riconoscenza? Ecco una delle mie grinfie; quando te la metterai diventerai il leone più feroce che ci sia al mondo -. E il cane:
- Ecco uno dei miei baffi, quando lo metterai sotto il naso diventerai il cane più veloce che si sia mai visto. - E l'aquila: - Ecco una penna
delle mie ali; potrai diventare l'aquila più grande e forte che voli nel cielo -. E la formica: - E io, io ti do una delle mie gambine, e quando
tu te la metterai diventerai una formichina, piccina piccina.
Giuanin prese tutti i regali, disse grazie ai quattro animali, e partì.
Alle virtù di quei regali non sapeva ancora se crederei o non crederei, perché poteva darsi che l'avessero preso in giro. Ma appena fu lontano
dalla loro vista si fermò, e fece la prova. Diventò leone cane aquila formica e poi formica aquila cane leone e poi aquila formica leone
cane e poi cane formica leone aquila e fu sicuro che funzionavano bene.
Tutto contento riprese il cammino.
Finito un bosco c'era un lago e sul lago un castello. Era il castello del Mago Corpo-senza-l'anima. Giuanin si trasformò in aquila e volò fino
al davanzale d'una finestra chiusa. Poi si trasformò in formica e penetrò nella stanza attraverso una fessura. Era una bella camera e sotto un
baldacchino dormiva la figlia del Re. Giuanin, sempre formica, andò a passeggiarle su una guancia finché si svegliò.
Allora Giuanin si tolse la zampina di formica e la figlia del Re si vide tutt'a un tratto un bel giovane vicino.
- Non aver paura! - egli disse facendole cenno di tacere, - sono venuto a liberarti! Bisogna che ti fai dire dal Mago come si fa per
ammazzarlo.
Quando il Mago tornò, Giuanin ridiventò formica. La figlia del Re accolse il Mago con mille moine, lo fece sedere ai suoi piedi, gli fece
posare la testa sulle sue ginocchia. E prese a dirgli: - Mago mio caro, io so che tu sei un corpo senza l'anima e quindi non puoi morire.
Ma ho sempre paura che si scopra dove hai l'anima e ti si riesca a uccidere, così sto in pena.
Allora il Mago le rispose: - A te posso dir lo,' tanto tu stai chiusa qui dentro e non mi puoi tradire. Per uccidermi ci vorrebbe un leone
tanto forte da ammazzare il leone nero che è nel bosco; ucciso il leone, dalla sua pancia uscirà un cane nero così veloce che per raggiungerlo
ci vorrebbe il cane più veloce del mondo. Ucciso il cane nero dal suo ventre uscirà un'aquila nera che non so quale aquila oserebbe sfidarla.
Ma se anche l'aquila nera fosse uccisa, bisognerebbe portarle via dal ventre un uovo nero, e questo uovo rompermelo sulla fronte, perché
la mia anima voli via e io resti morto. Ti pare facile? Ti pare il caso di stare in pena?
Giuanin con le sue orecchiuzze da formichina, stava a sentire tutto, e coi suoi passettini uscì dalla fessura, e tornò sul davanzale.
Lì si cambiò di nuovo in aquila e volò nel bosco. Nel bosco si cambiò in leone e prese a girare tra le piante finché non trovò il leone nero.
Il leone nero gli s'avventò ma Giuanin era il leone più forte del mondo e lo sbranò. (Nel castello, il Mago si sentì girar la testa).
Aperta la pancia del leone ne saettò fuori un cane nero velocissimo, ma Giuanin diventò il cane più veloce del mondo e lo raggiunse e rotolarono insieme mordendosi finché il cane nero restò a terra morto. (Nel castello il Mago si dovette mettere a letto).
Aperta la pancia al cane, ne volò via un'aquila nera, ma Giuanin diventò l'aquila più grande del mondo e insieme presero a girare per il cielo lanciandosi beccate e colpi d'artiglio, finché l'aquila nera non chiuse le ali e cadde a terra. (Nel castello, il Mago aveva una febbre da cavallo e stava rannicchiato sotto le coperte).
Giuanin, tornato uomo, aperse la pancia all'aquila e vi trovò l'uovo nero. Andò al castello e lo diede alla figlia del Re tutta contenta.
- Ma come hai fatto? - gli disse lei.
- Roba da niente, - disse Giuanin, - adesso tocca a te.
La figlia del Re andò in camera del Mago. - Come stai?
- Ahi, povero me, qualcuno m'ha tradito ...
- T'ho portato una tazza di brodo. Bevi.
Il Mago si rizzò a sedere sul letto e si chinò per bere il brodo.
- Aspetta che ci rompo un uovo dentro, così è più sostanzioso, - e così dicendo la figlia del Re gli ruppe l'uovo nero sulla fronte. Il Mago
Corpo-senza-l'anima restò lì morto sul colpo.
Giuanin ricondusse dal Re sua figlia, tutti felici e contenti e il Re gliela diede subito in sposa.
(Riviera ligure di ponente).