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A Trieste il 2 novembre 1918

Ora siamo vicinissimi: Trieste appare tutta. Ci prende una frenesia di avvicinarci, di arrivarci, di scendere, di sfogare in grida altissime questa irrequietezza immensa come uno spasimo. Una barca ci vien incontro: ha una grande bandiera tricolore a poppa. Gli uomini che porta a poppa ci fanno grandi saluti.
Ecco Trieste. Un razzo verde si leva dalle colline: l'« Audace» punta verso il molo. Trieste appare tutta uno sventolio di bandiere. E' una vertigine di tricolori. E appena ci avviciniamo in modo da poter distinguere bene, vediamo sulla riva, sulle banchine, sulla Piazza Grande uno spettacolo maestoso, impressionante.
Riva, banchine, piazze, strade, finestre, tutte gremite di gente: una fascia scura che bordeggia l'acqua: immensa, enorme. Trieste ha adesso centoventimila abitanti. L'impressione è che tutti siano scesi verso il porto. E sopra la moltitudine fluttuano bandiere tricolori, senza fine. E folate di esclamazioni si levano.
E' l'anima di tutta Trieste che ci viene ad offrire il suo amore. E noi le arriviamo proprio nel giorno di San Giusto, il giorno della sua festa.

Una commozione infantile ci prende tutti. Si risponde ai saluti urlando, e si piange. I marinai storditi, si arrestano nelle manovre. Ondate di commozione squassano la folla e arrivano a noi con impeto di raffiche. Il generale Petitti, questo soldato che non ha mai tremato dinanzi al nemico, è sbiancato dall'emozione: i suoi occhi sono lucidi di lacrime. Si volta all'avvocato Ara, triestino, che è a bordo con noi, pare che voglia dirgli qualche cosa: ma subito, vinto dalla commozione si piega su di lui e lo bacia.
Quando attracchiamo al molo di San Giusto sono le 16,20. Un solo urlo si leva dalla moltitudine: Viva l'Italia! E la massa enorme si spinge verso il molo, ha fremiti giganteschi! Nella fiumana di popolo le bandiere infinite sono agitate come da una bufera.
Da oggi i nostri morti non .sono morti! - grida da prua con la sua voce tonante il generale. E la massiccia figura troneggia dall'alto sulla folla. -Viva l'Italia! Benvenuta! Finalmente! - grida in tumulto Trieste.

E su tutto sovrasta la parola dolcissima: - Fratelli! Fratelli! Fiori a fasci vengono lanciati sulla nave; fiori e baci e parole che sembrano gridate col cuore.
Ma chi sente più nulla? Chi vede più? Siamo avvolti da questa commozione sovrumana. La folla più vicina si preme sulla banchina del molo, alcuni si aggrappano alle imbarcazioni nostre. Il caccia si sbanda, corre pericolo di rovesciarsi. Un signore sale a bordo fra stenti inenarrabili per la folla che preme. E' il sindaco di Trieste. Si presenta al generale, porta un saluto: ma la parola gli è rotta dal pianto. Si piange tutti, qui.
 In nome di Sua Maestà il Re d'Italia, prendo possesso della città diTrieste - proclama il generale.

E scende sulla banchina tra una frenesia di applausi, sotto una pioggia di fiori. Un'automobile lo aspetta; vi sale. La macchina si apre lenta un passaggio fra le muraglie di gente. Noi cerchiamo di farci strada su quel solco, ma siamo tutti attorniati, abbracciati, baciati, coperti di fiori. Dobbiamo andare al palazzo del Governatore. Come ci siamo arrivati? Non lo sapremo mai. La Piazza Grande è congestionata di popolo. Su per lo scalone del bel palazzo nuovi abbracci e fiori e baci. Fuori il popolo di Trieste, per le strade, al porto, continua ad acclamare i soldati che sbarcano e che sfilano fierissimi. Le musiche suonano l'Inno della Patria, e la folla li accompagna col canto. Dalla torre di San Giusto sventola la bandiera donata dalle donne di Trieste. E il campanone storico diffonde sulla città i suoi rintocchi gravi.

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