Poesia di Marino Moretti
In cucina
Madre, se vuoi ch'io t'ami
come ti si conviene,
resta fra i tuoi tegami
smaltati bianchi e blu:
vuoi ch'io ti voglia più bene,
molto più bene?
Resta in cucina dove
la tua dolcezza ha un gaio
riso che mi commuove
quando passa bel bello
dall'acquaio al fornello,
dal fornello all'acquaio;
poi va', corri in giardino
e coglilo un rametto
d'adusto ramerino
di scherzoso alloro
qualche pomodoro
ancora un poco aspretto;
poi trita con un muto
cenno le tue cipolle
giovani pel battuto
e accortamente schiuma
la pentola che bolle,
il bricchetto che fuma;
sì che, mentre la fiamma
si fa sempre più roca
nella cappa segreta,
tu pensa che la mamma
del giovane poeta
sa fare anche la cuoca
Oh lascia ch'io ti prenda
queste mani che sanno
di carne cotta in forno
e far sempre sapranno
Ogni buona faccenda
fino all'ultimo giorno;
oh lascia ch'io ti dica:
«Triste, mammina, triste
sapere troppe cose
e cercar fra l'ortica
o fra le vuote artiste
rose e foglie di rose;
dolce invece sostare
in questi vaghi odori
guardando il focolare
e i fumi di vapori
che con labile volo
escono dal paiuolo».
In cucina La vecchia cucina, con i suoi oggetti e i suoi odori, e soprattutto con la presenza della madre che compie le abituali azioni quotidiane, appare a Moretti come un'isola di serenità, non lambita dai problemi del mondo esterno. Le piccole cose, i lavori di cucina divengono così i simboli di una realtà rassicurante, perché rimasta inalterata nel tempo, alla quale si può tornare, almeno con l'immaginazione, per ritrovarne la dolcezza (e il poeta chiede perciò alla madre di rimanere quella che è sempre stata, di continuare a essere un porto sicuro a cui poter tornare dopo le battaglie della vita).