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sanfrancesco e lebbroso
Poesia di Angiolo Silvio Novaro 
San Francesco e il lebbroso

Svogliatamente al caval diè di sprone
Francesco, figlio. di Ser Bernardone,
e uscì d'Assisi tacito e soletto,
e portava un bel manto e un bel berretto:
ma triste egli era, e non sapeva perchè
mentre uno sguardo al ciel d'autunno diè.
Grigio era il ciel, grigio il monte Appennino,
e pien di foglie secche era il cammino.


Moveansi al vento quelle foglie rosse:
la sua tristezza ei non sapea che fosse...
Or mentre al pian cavalca pensieroso,
davanti al suo caval vede un lebbroso
che implora l'elemosina col volto
rotto dal male e contraffatto molto.
Un freddo orrore si raduna in mezzo
al cuor del cavaliere: un gran ribrezzo
gli lega i polsi. Al suo caval s'abbraccia
perchè da scudo alla vista gli faccia.
Fuggir vorrebbe... Ma pietà lo piglia,
getta, smontando, via da sè la briglia.
Dentro la borsa un fiorin d'or gli suona;
con gesto amico al povere l lo dona.
E poi gli bacia tre volte la mano
dicendo:" « Pace a te, fratel cristiano! »
A cavallo rimonta, indi, e si volta
a salutar l'infermo un'altra volta.
Voltasi e cerca, e non lo trova più:
vede una rosa ove il lebbroso fu.
La rosa spande il più soave odore,
e a lui trabocca d'allegrezza il core.

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