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Poesie della nonna
Le nonne attuali non svengono più
di Ugo Buzzolan

Le nonne, delicate, trepide,. svenevoli vecchiette d'un tempo, oggi, secondo l'autore, non sono più di moda. Le nonne attuali sono ben più energiche, dinamiche, moderne e decisamente... più giovani di almeno vent'anni.
Mia nonna viveva trincerata in una villetta alla periferia di Milano. Ogni giovedì andavo a trovarla assieme a un paio di cuginetti.
Apriva una serva padrona brianzola che appena ci vedeva intimava: Zitti, anche se eravamo in silenzio.
Si camminava per un lungo corridoio oscuro, in un'atmosfera che sapeva di caffè malto, di infuso di erbe e di essenza di bergamotto, si saliva per una scala dai gradini di legno scricchiolanti; la serva ci precedeva nel salottino, poi con un ultimo: Piano, eh? -spalancava la porta di una grande camera e in fondo, di là dal letto solenne dalla testiera con capricciose volute di ottone, tra la finestra velata dalle tende, e un tavolino da lavoro pieno di gomitoli e di uncinetti, seduta in una poltrona dallo schienale di pizzo, stava la nonna, i capelli bianchi acconciati come le dame dei quadri appesi alle pareti, pallida, vestita di nero, un nastro di velluto al collo e un ciondolo col caro defunto sul petto.
Ci carezzava la testa, ci chiedeva con voce sottile se eravamo bravi a scuola, se volevamo bene alla mamma e al papà, se dicevamo le preghiere prima di andare a nanna. Tagliava lentamente la torta, ma per sé non ne prendeva mal.
Giuditta, la mia camomilla - sospirava, e beveva a minuscoli sorsi, tenendo il manico tra la punta dell'indice e la punta del pollice e il dito mignolo sollevato in 'aria.
Noi la guardavamo con affetto e insieme con stupore, le eravamo grati per la torta, per le caramelle, per i regali, per la lacrimevole storia della piccola fiammiferaia che ci raccontava quando si sentiva in forze, ma la consideravamo una specie di statua di porcellana.
Praticamente non si muoveva mai da casa. Leggeva di rado il giornale, non aveva la radio, non sapeva nulla di nulla.. Era ferma a Caruso, a Ridolini, a Mussolini, con le ghette e la bombetta; parlava di Menelik come fosse ancora lì a fare strage dei nostri.
Non ci accompagnava al cinema perché le figure in movimento la stordivano, non sopportava l'odore del fumo, perché le dava il mal di capo.
Talora, senza una ragione, sveniva, e allora era tutto un accorrere di fantesche e di vicine, che le portavano i sali e le cingevano le tempie di pezzuole intrise d'aceto sventolandole sotto il naso propiziatorie immagini di Sant' Antonio da Padova.
Era un'impresa pilotarla fino in piazza del Duomo, poi davanti alla Scala.
Una volta dovette recarsi a Venezia, sua città natale, per la morte del fratello.
Ho confusamente nella memoria un ritorno catastrofico, i veli neri, affanni, narrazioni da terrore biblico, immancabile malore e il medico che arrivava pedalando, con la barba irta, la lobbia e la borsetta risonante di ferri.
Poveretta - diceva mia madre con un tremolio nella voce - è così vecchia.
Ma era poi così vecchia?
Faccio dei calcoli e mi accorgo che aveva poco più di cinquant'anni; interrogo i parenti ed ho la conferma che era una donna sveglia, istruita, ammirata in gioventù, sana di costituzione, tanto sana che oggi - oggi sì vecchia, vecchissima veramente - è ancora viva.
Il salto dalle nostre nonne a quelle attuali è effettivamente molto forte.
Le nonne attuali sono spigliate, energiche, informate.
All'occorrenza rispolverano Pollicino e Alì Babà, ma non ignorano i fumetti, sanno tutto di «Carosello» (di cui conoscono a perfezione il linguaggio) e non svengono.
Riescono a farsi obbedire, distribuiscono oltre alle soavi chicche tradizionali, anche qualche scappellotto; guidano i nipoti al cinema, e non si sognano d'avere mal di testa, in quanto, spesso, non portano neanche gli occhiali; e non soffrono il fumo, perché fumano loro per prime.
Viaggiano da un capo all'altro dell'Italia in macchina, in treno, in jet.
Non poche si truccano e dimostrano di avere poca simpatia per le sottane troppo lunghe.
Ci tengono alla tintarella; qualcuna, persino, nuota e gioca a tennis.
È finita l'epoca degli scaldini, è finita l'epoca delle vegliarde o presunte vegliarde rintanate nella loro cameretta in fondo al corridoio.
Da tempo hanno saputo inserirsi con intrepido slancio e spirito di adattamento nella società odierna e comprenderne le esigenze.
E il vantaggio è stato per tutti: per chi beneficia del loro aiuto e per loro - stesse che alzandosi dalle poltrone con lo schienale di pizzo e sedendosi al volante dell'auto sono ringiovanite di almeno vent'anni.

«La Stampa», 25/11/1967, Torino)

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