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Poesia di Pablo Neruda - Il padre
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Poesia di Pablo Neruda
Il padre

Il padre brusco torna
dai suoi treni:
riconoscemmo 
nella notte
il fischio
della locomotiva
che forava la pioggia

con un ululo errante,

un lamento notturno,
e poi
la porta che tremava:
una raffica di vento
entrava con mio padre
e sotto il doppio spingere e pestare

la casa
traballava,
le porte spaventate
sbattevano con secchi
spari di pistola,
le scale gemevano
e una voce tonante
sgridava, risentita,
mentre la tempestosa
ombra, la pioggia a cateratte
rovesciate sui tetti
annegava a poco a poco
il mondo
e non si udiva nient'altro che il vento
in lotta con la pioggia.
Ciò nondimeno, era diurno.
Capitano del suo treno, dell'alba fredda,
appena spuntava
il sole incerto, Il c'era la sua barba,
c'erano le sue bandiere
verdi e rosse, pronti i fanali,
il carbone nell'inferno della macchina,
la stazione coi treni nella bruma
e il suo dovere verso la geografia.
Il ferroviere è un marinaio a terra
e nei piccoli porti senza mare
borghi del bosco - il treno corre e corre
sfrenando la natura,
navigando per terra.
Quando riposa il lungo treno
gli amici si ritrovano,
entrano, si apre la porta dell'infanzia,
la tavola vacilla,
all'urto di una mano ferroviaria
squillano i grossi bicchieri fraterni
e, fulgidi,
sfavillano
gli occhi del vino.
Il mio povero padre aspro di modi
era Iì, nel fulcro della vita,
l'amicizia virile, pieno il bicchiere.
La sua vita fu una rapida milizia
e tra le sue levatacce e i suoi viaggi,
tra un rincasare e un ripartir di corsa,
un giorno più piovoso di altri giorni,
il macchinista José del Cannen Reyes
salì sul treno della morte e finora non è tornato.

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