di A. Baldini
Per le due volte che l'ho fatta in compagnia d'un vecchio padre che cercava la tomba del figliolo, ho messo anch'io una specie di malinconica affezione a quella mulattiera abbandonata che corre per un certo tratto sopra l'acque morte del torrente Auscek e a tutto quel paesaggio circostante.
La prima volta il poveretto andava con un passo così svelto che facevamo quasi fatica a tenergli dietro sul malagevole sentiero. Egli andava innanzi facendo strada con un soldato già attendente del giovane ufficiale caduto; avevamo avuto la fortuna di rintracciarlo facilmente al campo della Brigata, che ora stava a riposo sulle rive dell'lsonzo. Questo bravo e pietoso ragazzo parlava sempre, aggiungendo nuovi particolari, di quei giorni che aveva vissuto dietro al suo tenente; e il vecchio andava con lui a capo chino, montava e discendeva in gran fretta per quei greppi senza mai scostarsene un palmo. Così loro due per primi giunsero, da circa un'ora che eravamo in cammino, sotto la cima d'un poggio dominante; e come ci avevan detto preciso al comando di Brigata, trovammo facilmente, dietro una cappelletta di frasche tutte risecchite, terra in un piccolo chiuso di paletti e fil di ferro, gonfia di quattro tumuli recenti, con quattro croci di legno. Restammo tutti scoprendoci il capo, col fiato grosso, stretti al povero uomo. Sulla croce più lontana era inchiodata una piccola targa di latta, e sopra c'erano scritti con umile pazienza a punta di chiodo il grado, il cognome e il nome del caduto che cercavamo. Ingenuo e desolante spettacolo! lo, che per tenerezza al vecchio padre mi ero aspettato di più, avrei dato in quell'attimo chissà che cosa perché quelle zolle fossero meglio riparate e composte; quando, invece, anche così, infondevano un amoroso rispetto al riguardante. Scrutai il viso del babbo per quella trafiggente curiosità che rimane viva nel più profondo compatimento. Il vecchio s'era appena fermato un momento a guardare la terra col volto impietosito. Ma presto si mise al lavoro, concitatamente, intorno al minuscolo camposanto. E per prima cosa trasse di tasca un astuccio che conteneva un nastro misuratore e movendosi ginocchioni cominciò a stenderlo in terra per misurare le distanze, per riconoscere in ogni caso e in ogni tempo il punto dove s'era ghiacciato il suo sangue, contrassegnandolo dal piede di un melo solitario che era appena fuori del recinto e dalle estremità della terra che appariva rilevata sul corpo amato.
Tramontava il sole alla fine d'una giornata di nuvole incerte e tingeva d'un rosso incandescente le pendici martirizzate di Na Raunik. Tra i boschi qua e là si levava un filo di fumo di qualche cucina. Dalla montagna di Tolmino giungeva di tanto in tanto un brontolio prolungato di artiglieria: il cadere tranquillo d'una giornata di guerra. Il ragazzo che ci aveva condotto fin lassù fece vedere il posto dove il tenente era caduto, ferito all'inguine da un proietto di mitragliatrice. Ventitre anni! Gli restava tutta la vita da vedere e da conoscere.
Il vecchio padre aveva finito di prendere le misure e ora le andava annotando sul taccuino. Dopo questo, aprì un piccolo involto che aveva portato da Milano. C'era una targa di zinco forte con inciso a traforo il nome ben chiaro; e con quella aveva perfino provveduto a portare una cartata di chiodi.
Allora il ragazzo si precipitò giù per la scesa, dove si scorgeva qualche baracca, per cercare un legno robusto e un martello. Intanto il babbo aveva altre faccende da sbrigare. Da un cartoccio tolse un mazzo di rose rosse che la mamma mandava in dono al suo prode. A quella vista il cuore ci batté forte, più forte: il babbo lacrimando infilava ritti i gambi delle rose, forse all'altezza del capo. Ora sì che la tomba era più bella di tutte! Altri incarichi aveva avuto il padre dalla madre. E scavò con la mano di lì sopra una zolletta tenace con pochi fili verdi: grande appena quanta poteva entrare nella busta da lettere che: io offersi perché nessun grano potesse andar perduto. Mamma voleva questo regalo dal suo figliolo per metterlo in un bel vaso di fiori.
E come potevamo tenerci dal pensare alle lacrime che tanti giorni sarebbero cadute su quei preziosi fili verdi?