Poesia di Marino Moretti
Le prime tristezze
Ero un fanciullo, andavo a scuola e un giorno
dissi a me stesso: «Non ci voglio andare ».
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
tutto soletto, fino a mezzogiorno.
E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta, da quel triste giorno.
lo passeggiavo fino a mezzogiorno,
e l'ore... l'ore non passavan mai!
Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto;
e l'ansia mi prendea d'essere veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!
Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all'appello (oh! il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso nell'abisso dell'ignoto...
In fine io mi spingea fino ai giardini
od ai viali fuori di città;
e mi chiedevo: adesso, chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?
E fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario... Carlo Magno..
Rosmunda.,,), ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano...
E quante, quante volte domandai
l'ora a un passante frettoloso; ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!..
Ma l'ore", l'ore non passavan mai!
Il pregio della poesia sta nella semplicità addirittura elementare dei suoi versi: tanto vera e naturale la necessità della vita di scuola per un ragazzo, che non c'è bisogno ragionamenti complicati per rmostrare amara insoddisfazione da cui egli viene inevitabilmente preso, qualora cerchi di evaderne.
Rimorso, ansia e nostalgia sono gli stati d'animo che si alternano nello scolaro che ha «marinato» la scuola, ma il poeta insiste soprattutto sul concetto di tristezza e noia, che trasformano la sospirata libertà in una vana, insopportabile solitudine.