Poesia di Attilio Bertolucci
I gabbiani
Non avevo mai visto gabbiani sulle rive del Tevere
cangianti in questa fine d’inverno le penne e le acque.
Mi sono appoggiato al granito come fanno quelli
che vegliano sulla propria vita o morte usando
un’intenta pazienza ma i miei occhi distratti
seguivano le planate rapinose degli uccelli plumbeoargentei
sino a che furono sazi i ventri affusolati i becchi
già risplendendo su altri flutti a un sole diverso
per il procedere inevitabile del tempo le mie
pupille stanche e ancora voraci ormai volte
sull’emporio mobile delle vie popolose di Roma
alla cerca disperata nell’ora dell’ipoglicemia
d’un alimento improvviso soltanto a me noto
in una rivelazione gioiosa e sterile nell’ombra-luce
sanguigna da attici e cornicioni meridiani
fumigando sui colli i rami verdi della potatura
sino a ottenebrare il cielo pietoso del ritorno.
Attilio Bertolucci - Da Il viaggio d'inverno, 1971
Un lungo periodo strofico, la meditazione sul vuoto e nel vuoto di un'ora pomeridiana in attesa di un'impossibile rivelazione destinata a svanire nel paesaggio romano