Poesia di Arpad Toth
Pagoda di castagno
Qual sommesso stuolo di grigie faine
ormai la sera striscia sul monte
e sotto i cespugli s'acquatta.
Lumi s'accendono tenui qua e là,
tremuli attraverso il cieco cespuglio:
Sono luci o tristi occhi di bestia?
Tra alberi azzurri vieni ora con me,
ove tutto è ombra e mistero
ed ogni tronco cavo, prodigio profondo,
guarda, pagoda è di castagno!
Nel fitto fogliame in gran numero
nicchie, come cento cavi sacrari,
e minuti in essi ondeggiano cippi
dal pallido colore d'avorio.
Sediamoci in questo luogo santo,
lascia ti posi in grembo il mio capo:
Affanno ed obbrobrio in me dormono.
Ardente ora ho il desiderio,
soffice ala portante,
di sfilarmi il triste manto del corpo,
di lasciar cadere il grave mio cuore,
di scordare il dolente IO.
così! Così! Posami sul capo le dolci tue mani
di sommessa Veronica,
E non darti pena se già canta la civetta,
se ormai anche la luna si cela,
ma cullami in silenzio, mollemente
sin quando adagio, lacrimosamente
Il risveglio verrà: triste, prodigiosa,
strana, trasecolata resurrezione…