Purgatorio di Dante Alighieri
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Il Purgatorio è il regno in cui le anime, staccate dalle passioni terrene, sono sospirose soltanto del Cielo: è il regno della rassegnazione, del pentimento, del perdono, della meditazione.
La vita terrena è contemplata con maggiore o minore distacco, in cui sempre operante è il senso della nuova vita, attraverso un velo di lagrime addolcite dalla certezza del bene futuro, con l'animo del naufrago uscito fuor del pelago alla riva o di chi esca dalla caligine scura alla luce chiara.
Il desiderio di Dio, piuttosto che ardore, è nostalgia di anime in esilio, sospiro.
Il tono della cantica è perciò essenzialmente elegiaco: « Ricordati di me... »
dice la Pia; e Oderisi « Non è il mondan romore altro che un fiato di vento»; e Arnaldo Daniello « Sovenha vos a temps de ma dolor »; e la squilla lontana, che punge d'amore il cuore del pellegrino al morir del giorno, pare l'eco stessa del cuore di quelle anime che non sono ancora del Cielo e non sono più della terra.
Questo tono costante, rispondente a un identico stato d'animo, livella in certo modo le figure, e non lascia che ne emergano troppo incisivamente i contorni: hanno tutte come un'aria di famiglia.
Tuttavia il ricordo della vita terrena è in esse ancora abbastanza vivo da permetterci di distinguerne la fisionomia: la regalità di Manfredi, la superbia gentilizia di Omberto, l'astiosità non volgare di Guido del Duca, la puntigliosità pettegola di Sapia, l'indolenza canzonatoria di Belacqua, su cui già ci siamo fermati, pur nell'atmosfera comune del pentimento, mostrano i caratteri distintivi dei singoli personaggi.
Carattere più deciso sembra avere Sordello nella sua posa statuaria e nell'improvviso impetuoso abbraccio con Virgilio; ma solo nell'invettiva di Dante, alla quale quell'abbraccio fornisce il pretesto, come nell'invettiva di Ugo Capeto contro i suoi successori, la vita terrena irrompe violenta nell'atmosfera mite, elegiaca e meditativa del Purgatorio.
Quest'atmosfera sembra la più adatta al riafforare dei ricordi dell'età più bella, alle amichevoli conversazioni ai ragionamenti sereni e distaccati.
La cantica, infatti, è popolata di amici della giovinezza di Dante, di artisti di poeti: la prima anima ch'egli incontra è l'amico Casella, musicista o cantante, l'ultima è Arnaldo Daniello.
Beatrice, invece, intraveduta nel Limbo, attraverso le parole di Virgilio, con quei suoi occhi lucenti di lagrime, qui, pur nella sua umanità di donna innamorata e sdegnata, ha perduto il suo fascino giovanile, è già la sapiente guida celestiale, la maestra accorta e infallibile, più madre severa che compassionevole amante. E tutta la scena allegorica che si svolge per lei e con lei sulla vetta della montagna non ha più alcuna spirituale attinenza con la poesia dolcemente familiare del Purgatorio, è già introduzione alle alte rivelazioni del Paradiso.
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